martedì 6 maggio 2014

dalla classificazione del Tao al processo del Tao - I

M.C. Escher, Whirlpools, 1957
wood engraving and woodcut, second state, in red, grey and black, printed from 2 blocks
DALLA CLASSIFICAZIONE AL PROCESSO.

In principio era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio.
Giovanni, 1, 1.

Show me.
Canzone dalla commedia musicale "My Fair Lady".


Nel capitolo 3 il lettore è stato invitato a meditare su un gruppo eterogeneo di casi illustranti la verità quasi lapalissiana che due descrizioni sono meglio di una. Questa serie di casi finiva con la mia descrizione di ciò che considero "spiegazione". Affermavo che almeno un genere di spiegazione consiste nell'integrare la descrizione di un processo o di un insieme di fenomeni con una tautologia astratta su cui sia possibile proiettare la descrizione. Possono esistere altri generi di spiegazione, oppure è possibile che ogni spiegazione, ridotta all'osso, sia qualcosa di simile alla mia definizione.
Sta di fatto che il cervello non contiene altri oggetti materiali che non siano i suoi canali e circuiti e scambi e le sue riserve metaboliche e sta di fatto che tutto questo "hardware" non ha mai accesso alle storie raccontate dalla mente. Il pensiero può riguardare porci o noci di cocco, ma nel cervello non ci sono né porci né noci di cocco; e nella mente non ci sono neuroni, ma solo "idee" di porci e di noci di cocco. Esiste quindi sempre una certa complementarità fra la mente e gli oggetti della sua attività. Il processo di codificazione o rappresentazione che sostituisce ai porci e alle noci di cocco le idee corrispondenti è già un passo, anzi un salto notevole, nella gerarchia dei tipi logici. Il nome di una cosa non è la cosa e l'idea di porco non è il porco.
Anche se pensiamo a sistemi circuitali più ampi estendentisi oltre i limiti dell'individuo, e li chiamiamo "mente", includendo nella mente l'uomo, l'ascia, l'albero che viene abbattuto e la tacca sul tronco; anche se tutto ciò viene visto come un unico sistema di circuiti che soddisfano i criteri di mente avanzati nel capitolo 4, anche in questo caso, nella mente non ci sono né l'albero, né l'uomo né l'ascia. Tutti questi 'oggetti' sono soltanto rappresentati nella mente più vasta sotto forma di immagini e di notizie su di essi. Possiamo dire che propongono se stessi, o propongono le loro caratteristiche.
Mi sembra comunque profondamente vero che in tutto il campo della nostra indagine vale qualcosa di simile alla relazione che ho suggerito fra la tautologia e le cose da spiegare. Già il primo passo, dai porci e dalle noci di cocco al mondo delle versioni codificate, immette l'individuo pensante in un universo astratto e, a mio parere, tautologico. Va benissimo definire la spiegazione come un “mettere la tautologia e la descrizione una accanto all'altra”. Ma questo è solo l'inizio della faccenda, e limiterebbe la spiegazione alla specie umana. Però, si potrebbe obiettare, i cani e i gatti accettano le cose così come sono, senza tutto questo raziocinare. E invece no: la forza del mio argomento è che il processo stesso di percezione è un atto di assegnazione a tipi logici. Ciascuna immagine è un complesso di codificazioni e proiezioni a molti livelli; e i cani e i gatti hanno certo anch'essi le loro immagini visive. Quando vi guardano, essi vedono certamente 'voi'. Il cane morsicato da una pulce ha certo l'immagine di un 'prurito' localizzato 'lì'.
Naturalmente resta ancora da applicare quest'asserzione generale al regno dell'evoluzione biologica. Prima di accingerci a questa impresa, tuttavia, è necessario soffermarci sulla relazione tra forma e processo, trattando la nozione di "forma" come l'analogo di ciò che ho chiamato "tautologia" e la nozione di "processo" come l'analogo dell'aggregato dei fenomeni da spiegare. La forma sta al processo come la tautologia sta alla descrizione.
Questa dicotomia, presente nelle nostre menti scientifiche quando 'ci affacciamo' su un mondo di fenomeni, caratterizza anche le relazioni tra i fenomeni stessi che cerchiamo di analizzare. La dicotomia esiste al di qua e al di là della barriera che c'è tra noi e gli oggetti del nostro discorso. Le cose-in-sé (le "Dinge an sich"), inaccessibili all'indagine diretta, stanno tra loro in relazioni paragonabili alle relazioni esistenti tra loro e noi. Anch'esse (persino quelle viventi) non possono avere alcuna esperienza diretta l'una dell'altra questione di grandissima importanza e primo postulato indispensabile per qualsiasi intelligenza del mondo vivente. Ciò che è essenziale è il presupposto che le idee (in un senso molto lato del termine) abbiano una loro forza e realtà. Esse sono ciò che noi possiamo conoscere, e al di fuori di esse non possiamo conoscere nulla. Le regolarità o 'leggi' che legano insieme le idee: ecco le 'verità'. Esse sono la nostra massima approssimazione alla verità ultima. Per rendere comprensibile questa tesi, descriverò in primo luogo il processo dell'analisia me compiuta su una cultura della Nuova Guinea.
Il mio lavoro sul campo fu influenzato in misura notevole dall'arrivo in Nuova Guinea di una copia del manoscritto di "Patterns of Culture" di Ruth Benedict e dalla mia collaborazione diretta con Margaret Mead e Reo Fortune. Le conclusioni teoriche che Margaret aveva tratto dal suo lavoro sul campo furono pubblicate in "Sex and Temperament in Three Primitive Societies". Il lettore che voglia approfondire la storia di queste idee teoriche può vedere il mio "Naven" e "Sex and Temperament" della Mead, oltre naturalmente all'influente lavoro della Benedict "Patterns of Culture”.

La Benedict aveva tentato di costruire una tipologia delle culture impiegando termini come "apollineo", "dionisiaco" e "paranoide". In "Sex and Temperament" e in "Naven" l'accento è spostato dalla caratterizzazione delle configurazioni culturali al tentativo di caratterizzare le persone, i membri delle culture che avevamo studiato. Tuttavia, usammo ancora termini legati a quelli usati dalla Benedict. In realtà, i suoi tipi erano stati presi dal linguaggio usato per descrivere le persone. Dedicai tutto un capitolo di "Naven" al tentativo di servirmi della vecchia classificazione di Kretschmer che aveva suddiviso le persone in temperamenti “ciclotimici” e “schizotimici”. Io usai questa tipologia come una mappa astratta sulla quale analizzare le mie descrizioni degli uomini e delle donne Iatmul.
Questa analisi, e specialmente il fatto di differenziare i tipi dei sessi (il che sarebbe stato estraneo alle idee di "Patterns of Culture"), mi allontanò dalla tipologia e mi condusse a questioni di processo. Diventò naturale considerare i dati sugli Iatmul come paradigmatici delle interazioni tra uomini e donne destinate a creare nei due sessi quella differenziazione di ethos che stava alla base della mia tipologia delle persone. Cercai di vedere come il comportamento degli uomini potesse stimolare e determinare quello delle donne e viceversa. In altre parole, passai da una classificazione o tipologia a uno studio dei processi che generavano le differenze riassunte nella tipologia.
Ma il passo successivo fu dal processo a una "tipologia del processo". Indicai i processi col termine generale di "schismogenesi" e, dopo aver dato loro un nome, passai alla loro "classificazione". Mi fu chiaro che era possibile stabilire una dicotomia fondamentale. I processi di interazione che avevano in comune la potenzialità generale di provocare la schismogenesi (dapprima, cioè, di determinare il carattere negli individui e poi di creare una tensione intollerabile) erano in realtà classificabili in due grandi generi: quelli simmetrici e quelli complementari. Applicai il termine "simmetrico" a tutte quelle forme di interazione che potevano essere descritte in termini di competizione, rivalità, emulazione reciproca e così via (cioè quelle in cui determinate azioni di A spingevano B ad azioni dello stesso genere, le quali a loro volta spingevano A a nuove azioni simili, e così via. Se A cominciava a vantarsi, questo stimolava B a vantarsi ancora di più, e viceversa).
Applicai invece il termine "complementare" alle sequenze interattive in cui le azioni di A e di B erano diverse ma si combinavano l'una con l'altra (ad esempio: autorità-sottomissione, esibizionismo-ammirazione, dipendenza-assistenza). Notai che queste coppie di relazioni potevano anch'esse risultare schismogeniche (ad esempio, la dipendenza poteva stimolare l'assistenza e viceversa).
A questo punto possedevo una classificazione o tipologia non delle persone ma dei "processi", e mi fu facile e naturale passare da questa classificazione a pormi il problema di che cosa sarebbe potuto scaturire dall'interazione fra i processi suddetti. Che cosa sarebbe accaduto se la rivalità simmetrica (che di per sé dava luogo a una schismogenesi "simmetrica" da eccessiva competizione) si fosse mescolata con la dipendenza-assistenza "complementare"?
E difatti tra i processi così definiti vi erano interazioni interessantissime. Risultò che i temi di interazione simmetrici e complementari si negano a vicenda (cioè hanno effetti opposti sulla relazione), sicché quando la schismogenesi complementare (ad esempio autorità-sottomissione) diventa troppo sgradevole, un po' di competizione allenta la tensione; viceversa, quando la competizione va troppo in là, un po' di dipendenza risulta gradita.
In seguito, sotto la voce "estremi legati" ["end-linkage"], studiai alcune delle permutazioni possibili dei temi complementari combinati. Ne venne fuori che una differenza di premesse, di coreografia, quasi, tra la cultura inglese delle classi medie e quella americana è legata al fatto che in Inghilterra l'ammirazione è una funzione eminentemente filiale (cioè è legata alla dipendenza e alla sottomissione), mentre in America è una funzione eminentemente parentale (cioè è legata all'assistenza e all'autorità).
Tutto ciò è stato esposto nei dettagli altrove. Ciò che importa osservare in questo contesto è che i miei procedimenti di indagine erano scanditi da un'alternanza tra la classificazione e la descrizione dei processi. Senza alcun disegno consapevole, ero salito su per una scala che toccava alternativamente la descrizione e il vocabolario della tipologia. Ma questa classificazione in tipi delle persone mi ricondusse allo studio dei processi attraverso i quali le persone arrivavano a essere così com'erano. Questi processi vennero quindi classificati in "tipi" di processi, e anche a questi assegnai un nome. Il passo successivo mi portò dalla classificazione in tipi dei processi allo studio delle interazioni tra i processi così classificati. Questa scala a zigzag fra la tipologia da una parte e lo studio dei processi dall'altra è illustrata nella figura:

Ora intendo dimostrare come le relazioni implicite o immanenti negli eventi della mia esperienza personale che ho appena raccontato (cioè la linea spezzata dei passaggi dalla forma al processo e di qui alla forma) offrono un paradigma suggestivo per la rappresentazione di molti fenomeni, alcuni dei quali già menzionati.
Intendo dimostrare che questo paradigma non è limitato al resoconto personale di come venne costruita una teoria particolare, ma ricorre ripetutamente ovunque vi sia, nell'organizzazione dei fenomeni, un predominio del processo mentale, così com'è definito nel capitolo 4. In altre parole, quando estrapoliamo la nozione di tipo logico dall'ambito della logica astratta, e sulle gerarchie di questo paradigma cominciamo a proiettare gli eventi biologici reali, ci troviamo subito di fronte al fatto che nel mondo dei sistemi mentali e biologici la gerarchia non è soltanto un elenco di classi, classi di classi e classi di classi di classi, ma è diventata anche una "scala a zigzag dialettica tra forma e processo".
Direi che la natura stessa della percezione segue questo paradigma; che l'apprendimento deve essere modellato secondo lo stesso genere di paradigma a zigzag; che nel mondo sociale la relazione tra amore e matrimonio o tra educazione e posizione sociale segue necessariamente un paradigma simile; che nell'evoluzione la relazione tra cambiamento somatico e cambiamento filogenetico e la relazione tra prodotto del caso e risultato della selezione hanno questa forma a zigzag. Esistono, direi, relazioni simili a un livello più astratto, tra speciazione e variazione, tra continuità e discontinuità, tra numero e quantità.
In altre parole, io ritengo che la relazione, tratteggiata in modo piuttosto ambiguo nella storia della mia analisi di una cultura della Nuova Guinea, sia in realtà una relazione che risolverà un grandissimo numero di antichi enigmi e controversie nel campo dell'etica, dell'educazione e della teoria dell'evoluzione.
Comincerò da una distinzione di cui sono debitore a Horst Mittelstaedt, il quale osservò che vi sono due "generi" di metodi di perfezionamento di un'azione adattativa. Supponiamo che l'azione sia di sparare a un uccello, e supponiamo dapprima che si debba usare una carabina. Il tiratore guarderà nel mirino e noterà un errore di mira; correggerà l'errore creandone forse un altro, che a sua volta correggerà, e così via, finché sarà soddisfatto. Allora premerà il grilletto e sparerà. Ciò che è importante è il fatto che l'azione autocorrettiva viene compiuta "all'interno" della singola azione di sparare. Per caratterizzare nel suo complesso questo genere di metodi di perfezionamento di un'azione adattativa, Mittelstaedt usa il termine "feedback" ["retroazione"].
Si consideri invece il caso di un uomo che spara a un uccello in volo con uno schioppo o che usa una pistola tenendola sotto un tavolo, sicché non può correggere la mira. In questi casi deve necessariamente accadere quanto segue: attraverso gli organi di senso viene introdotto un aggregato di informazioni; sulla base di queste informazioni si compie il calcolo; sulla base del risultato (approssimativo) di tale calcolo viene premuto il grilletto. Non vi è alcuna possibilità di correggere gli errori all'interno della singola azione. Per conseguire un qualunque miglioramento, la correzione dev'essere eseguita su un'ampia "classe" di azioni. Se si vuole diventare abili nell'arte del tiro con lo schioppo o con una pistola tenuta sotto un tavolo bisogna esercitarvisi a lungo, usando un piattello o qualche bersaglio fittizio. La lunga pratica serve a imparare a correggere l'"assetto" dei propri nervi e muscoli in modo da fornire 'automaticamente' una prestazione ottimale al momento critico. Questo genere di metodi è detto da Mittelstaedt "calibrazione". Sembra che in questi casi la “calibrazione” stia alla “retroazione” come il tipo logico superiore sta a quello inferiore. Questa relazione è indicata dal fatto che l'autocorrezione nell'uso dello schioppo è possibile solo sulla base di informazioni derivanti dalla pratica (cioè sulla base di una "classe" di azioni passate e compiute). Naturalmente è vero che anche l'abilità nell'uso della carabina può essere accresciuta con l'esercizio. Le componenti dell'azione che vengono così migliorate sono comuni all'uso sia della carabina sia dello schioppo. Con l'esercizio, il tiratore migliorerà il proprio assetto di tiro, imparerà a premere il grilletto senza alterare la mira, imparerà a sincronizzare l'istante dello sparo con l'istante dell'aggiustamento della mira, in modo da non correggere troppo, e così via. Il miglioramento di queste componenti del tiro con la carabina dipende dall'esercizio e da quella calibrazione di nervi, muscoli e respirazione che viene fornita dalle informazioni derivanti da una classe di azioni compiute.
Rispetto alla mira, tuttavia, dalla differenza tra il singolo esempio e la classe di esempi segue la differenza di tipo logico. E' anche evidente che ciò che Mittelstaedt chiama "calibrazione" è un caso particolare di ciò che io chiamo "forma" o "classificazione", e che la sua "retroazione" è paragonabile al mio "processo".
La domanda successiva concerne ovviamente la relazione tra le tre dicotomie: forma/processo, calibrazione/retroazione e tipi logici superiori/inferiori. Si tratta di sinonimi? Cercherò di dimostrare che forma/processo e calibrazione/retroazione sono effettivamente sinonimi, mentre la relazione fra tipi logici superiori e inferiori è più complessa. Da quanto detto risulta chiaro sia che la struttura può determinare il processo, sia che, per converso, il processo può determinare la struttura. Ne segue che deve esistere una relazione tra due livelli di struttura mediati da un'interposta descrizione del processo. Credo che questo sia l'analogo, nel mondo reale, del passaggio astratto che Russell compie dalla "classe" alla "classe di classi".
Consideriamo la relazione fra retroazione e calibrazione in un esempio gerarchico quale è quello della regolazione della temperatura in un'abitazione dotata di caldaia e termostato e con un abitante:

Al livello più basso c'è la temperatura. Questa temperatura effettiva agisce istante per istante (è un "processo") su un termometro (una sorta di organo di senso), che è collegato con l'intero sistema in modo tale che la temperatura, espressa dalla curvatura di una lamina bimetallica, apra o chiuda un circuito elettrico (un interruttore, un calibratore) che comanda la caldaia. Quando la temperatura sale sopra un certo livello, l'interruttore viene commutato su “SPENTO”; quando la temperatura scende sotto un certo altro livello inferiore, l'interruttore viene commutato su “ACCESO”. La temperatura della casa fluttuerà quindi intorno a un certo valore compreso fra i due punti di soglia. A questo livello il sistema è un semplice servocircuito...
Tuttavia, questo semplice circuito con retroazione è regolato da un calibratore posto nella stessa cassetta che contiene il termometro. Su questa cassetta c'è una manopola che il padrone di casa può girare per cambiare l'assetto, o regolazione, del termostato e far così fluttuare la temperatura della casa intorno a un valore diverso. Si noti che nella cassetta si trovano "due" calibratori: il regolatore dello stato ACCESO/SPENTO, e il regolatore della temperatura ALTA/BASSA, intorno alla quale funzionerà il sistema. Se la temperatura media è stata fino a quel momento di 18 gradi, il padrone di casa potrà dire: “Ho avuto un po' freddo ultimamente”. Egli giudicherà in base a un "campione" della propria esperienza e poi cambierà la regolazione, portandola a una temperatura che gli sembri più confortevole. Il valore della regolazione (cioè la calibrazione corrente della retroazione) è a sua volta regolato da una retroazione, il cui organo di senso è situato non sulla parete del soggiorno bensì nella pelle dell'uomo.
Ma la regolazione dell'uomo - detta di solito la sua "soglia" - è a sua volta stabilita da un sistema a retroazione. L'uomo può diventare capace di tollerare meglio il freddo se conduce una vita dura o viene esposto al gelo, e può diventare meno tollerante in seguito a un lungo soggiorno ai tropici. Può anche darsi che egli si dica: “Mi sto rammollendo”, e che cominci a fare dello sport all'aria aperta, il che finirà per modificare la sua calibrazione. Inoltre, l'uomo potrebbe essere spinto a sottoporsi a un addestramento particolare o a esporsi al freddo in seguito a un cambiamento di posizione sociale: potrebbe farsi monaco o entrare nell'esercito, e acquistare così una calibrazione conforme a una precisa posizione sociale.
In altre parole, le retroazioni e le calibrazioni si alternano in una successione gerarchica. Si osservi che ad ogni alternanza completa (da calibrazione a calibrazione o da retroazione a retroazione) la sfera di pertinenza che stiamo analizzando si allarga. All'estremità più semplice e più bassa della scala a zigzag, la sfera di pertinenza era una caldaia, accesa o spenta; al livello successivo, era una casa la cui temperatura fluttuava intorno a certi valori. Al livello successivo, tale temperatura poteva essere cambiata entro una sfera di pertinenza ora comprendente la casa "più" il suo abitante per un intervallo di tempo molto più lungo, durante il quale l'uomo compiva varie attività esterne.
A ciascuno zig-zag della scala la sfera di pertinenza aumenta. In altre parole, vi è un cambiamento di tipo logico dell'informazione raccolta a ciascun livello dall'organo di senso.
Consideriamo un altro esempio: un tale viaggia in automobile a 100 chilometri all'ora e mette così in allarme l'organo di senso (per esempio il radar) di un agente della stradale. La regolazione o soglia dell'agente gli impone di reagire a qualunque differenza che superi i 15 chilometri all'ora sopra o sotto il limite di velocità.
La soglia dell'agente è stata stabilita dal capo del comando di polizia locale, che ha agito in modo autocorrettivo tenendo conto degli ordini (cioè della calibrazione) ricevuti dalla capitale dello Stato. La capitale dello Stato ha agito in modo autocorrettivo, poiché‚ i legislatori hanno tenuto conto dei loro elettori. Gli elettori, a loro volta, avevano fissato una calibrazione all'interno del potere legislativo a favore della linea politica democratica o di quella repubblicana. Notiamo anche qui una scala alternata di calibrazioni e retroazioni che sale verso sfere di pertinenza sempre più ampie e verso informazioni sempre più astratte e decisioni sempre più vaste.
Si osservi che all'interno del sistema di polizia e di applicazione delle leggi, anzi, in tutte le gerarchie, è assolutamente sconsigliabile che vi siano contatti diretti tra livelli non consecutivi. Per il complesso dell'organizzazione non è bene che esista un canale di comunicazione tra il guidatore dell'automobile e il capo della polizia statale. Questa comunicazione nuoce al morale delle forze di polizia. E neppure è bene che il poliziotto abbia accesso diretto al potere legislativo, poichè‚ ciò danneggerebbe l'autorità del capo della polizia. Analogamente, è altrettanto sconsigliabile scendere di due o più gradini nella gerarchia. Il poliziotto non deve esercitare un controllo diretto sull'acceleratore o sul sistema frenante dell'automobile.
L'effetto di un tale salto di livelli, verso l'alto o verso il basso, è che le informazioni che costituiscono una base di decisione adeguata a un livello saranno invece usate come base per prendere decisioni a qualche altro livello, una comune confusione di tipi logici.
Nei sistemi legali e amministrativi questo salto di livelli logici si chiama legislazione "ex post facto". In una situazione familiare errori analoghi si chiamano "doppi vincoli". In genetica, la barriera di Weissmann, che impedisce l'ereditarietà dei caratteri acquisiti, sembra evitare disastri di questa natura. Permettere un'influenza diretta dello stato somatico sulla struttura genetica potrebbe distruggere la gerarchia dell'organizzazione interna della creatura.

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